domenica 31 gennaio 2010

REGIONALI - AVVENIRE: DALL'UDC SCELTE CONTRADDITTORIE

31 gen. - In vista delle prossime regionali l'Udc ha compiuto ''scelte contraddittorie'', puntando piu' ''sull'utilitarismo'' che sul ''segno identitario'' dell'''ispirazione cristiana'', pur se ''ufficialmente esibita''. Questa l'opinione di Avvenire, giornale dei vescovi italiani, che in un editoriale sulle alleanze per le regionali critica oggi il fatto che ''nell'Udc il gioco prevale sulla fisionomia valoriale''.
Secondo l'Avvenire, l'obiettivo di Casini di ''esercitare una significativa centralita' politica'', rifiutando a priori ''intese globali e subalterne'', ''a conti fatti pare pero' sia stato gestito puntando piu' a un risultato numerico atteso (e naturalmente non garantito) che all'affermazione di un'autonomia politica basata su valori esplicitamente proclamati''.
''L'esasperazione della polemica con la Lega Nord, peraltro ampiamente ricambiata - prosegue il quotidiano della Cei -, ha portato l'Udc a scelte contraddittorie. Come quella di schierarsi fianco a fianco con i radicali di Pannella e Bonino, a sostegno della continuita' di esperienze, a cominciare da quella della giunta piemontese guidata da Mercedes Bresso, contro cui negli ultimi anni i centristi avevano condotto battaglie asperrime a causa del loro orientamento laicista e lassista sulle questioni eticamente sensibili (dall'aborto all'eutanasia passiva)''.
Per l'Avvenire, tra l'altro, questo atteggiamento ''puo' essere pericoloso soprattutto in zone, come quelle settentrionali, nelle quali quello per l'Udc e' soprattutto un voto di opinione, non appoggiato, come invece accade in alcune aree meridionali, su una rete di presenze amministrative''. (Ansa).

Siamo anziani e facciamo (molto) sesso

Fonte: LA STAMPA

Non è mai troppo tardi per avere una sessualità attiva


Quando si parla di sesso ci si riferisce quasi sempre a giovani o adulti e molto raramente alle persone di una certa età. Un po' perché si tende a dare – erroneamente - per scontato che gli anziani in qualche modo non ci pensano più, un po' perché tendiamo a scartare certe immagini mentali.
Ma la realtà è un'altra. E per qualcuno potrebbe risultare sorprendente.
Secondo quanto riportato sulle pagine del NYDaily le persone anziane sono molto attive sessualmente, anche dopo gli 80 anni.
Dai dati emersi da uno studio, parte del National Social Life - Health and Aging Project, si è scoperto che circa l'84% degli uomini e il 62% delle donne di età compresa tra i 57 e i 64 anni hanno dichiarato di aver fatto sesso durante l'anno passato. E, dato sorprendete, tra coloro che hanno dichiarato di fare sesso vi era il 38% di uomini e il 17% di donne di età compresa tra i 75 e gli 85 anni.

I ricercatori del National Opinion Research Center presso l'Università di Chicago hanno commentato i risultati dichiarando che «le persone anziane possono e devono avere una vita sessuale molto attiva, e l'idea che lo facciano non è una visione sbagliata della società».
«Il bisogno di intimità e di contatto con un'altra persona non cambia con l'età», ha aggiunto il dr. Dennis Lin, Direttore del programma di medicina psicosessuale al Beth Israel Medical Center.

I risultati mostrano che a essere più sessualmente attivi e più aperti verso la sessualità sono i maschi. Secondo la dr.ssa Stacy Tessler Lindau, ginecologa, questo potrebbe essere imputato al fatto che le donne anziane hanno più difficoltà a trovarsi un partner. «Le donne tendono a sopravvivere il matrimonio, gli uomini invece tendono a vivere con il coniuge fino alla morte. Quindi ci sono meno uomini anziani intorno da scegliere come partner sessuale», ha aggiunto Lindau.
(lm&sdp)

sabato 30 gennaio 2010

Influenzina, migliaia di italiani a letto

Fonte: La Stampa

Il virologo: «Forme sostanzialmente benigne»

Nausea costante e guai di pancia,
i medici lanciano un nuovo allarme

Qualche linea di febbre, raucedine e mal di gola. Ma soprattutto nausea costante e guai di pancia, "complice" il norovirus come quello che dilaga nel Regno Unito dove un ospedale di Londra ha addirittura chiuso per epidemia. Disturbi respiratori e gastrointestinali stanno complicando in questi giorni la vita di «almeno 250 mila italiani», stima il virologo dell’università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco.

Alla domanda "Chi ha ucciso l’influenza stagionale?", l’esperto ha una risposta pronta: «Il variegato mix di infezioni simil-influenzali, dal norovirus che causa vomito e diarrea, ai coronavirus e adenovirus che colpiscono le respiratorie -spiega Pregliasco all’ADNKRONOS SALUTE- non lascia spazio all’influenza tradizionale» che infatti quest’anno sembra non voler arrivare. Senza contare l’influenza A: «Gli studi hanno dimostrato che molti casi sono stati asintomatici», quindi sono sfuggiti al conteggio delle statistiche ufficiali, alimentando le polemiche sul ’flop pandemià.

Tra un’influenzina e l’altra, e con virus H1N1 sconfitti senza nemmeno rendersene conto, «molte persone hanno dunque sviluppato difese naturali sbarrando le porte all’influenza stagionale», precisa Pregliasco. Quanto al virus del mal di pancia e ai "colleghi" sotto accusa per tosse, raffreddore e gola in fiamme, non resta che rassegnarsi: «Colpiscono trasversalmente adulti e bambini, ma sono forme sostanzialmente benigne», rassicura il virologo.
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venerdì 29 gennaio 2010

Medicina: bene barolo in botti rovere

Legno quercia rilascia sostanze utili contro ipertensione

(ANSA) - ROMA, 28 GEN - Non e' solo il vino rosso ad aiutare i vasi sanguigni: il legno delle botti rilascia sostanze antiossidanti, afferma uno studio italiano. E' il caso del barolo invecchiato in botti di rovere, che ha dimostrato di essere molto piu' efficace nel dilatare i piccoli vasi sanguigni rispetto a vini rossi e ai bianchi maturati in botti d'acciaio.

giovedì 28 gennaio 2010

Riforma Brunetta: firmato Protocollo per sperimentazione sistema di valutazione performance individuali del personale ASL e ospedaliero

Riforma Brunetta 20.01.2010
Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, il Direttore dell’AGeNaS (Agenzia Nazionale per i Servizi regionali) Fulvio Moirano, il Presidente del Formez Carlo Flamment, il Presidente della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) Giovanni Monchiero e i Direttori generali di 17 Aziende sanitarie e ospedaliere hanno firmato oggi un Protocollo d’intesa per la sperimentazione dell’applicazione del Decreto Legislativo n.150/2009 (Riforma Brunetta).

Grazie all’avvio della sperimentazione e al nuovo sistema di valutazione e incentivazione del personale sanitario previsto dalla Riforma, Asl e Ospedali saranno più a misura di cittadino. Il Protocollo, infatti, non avrà al momento effetti giuridici o economici sul personale ma servirà a mettere a punto il nuovo sistema di valutazione e di incentivazione individuale non solo di dirigenti e medici ma anche di infermieri, tecnici e amministrativi sanitari, che per la prima volta vedranno valutate le loro performance individuali, anche in rapporto al “grado di cortesia, puntualità, presenza e disponibilità nelle risposte ai bisogni degli utenti”. Per ora le valutazioni non si tradurranno in maggiori o minori incentivi ma entro il 31 agosto del 2010, conclusa la fase di sperimentazione (che durerà in tutto 7 mesi), l’esperienza acquisita consentirà di avviare una vera e propria rivoluzione in un comparto, quello sanitario, dove fino a oggi ha prevalso il sistema di incentivazione “a pioggia” del personale.

Quattro gli obiettivi prefissati dal Protocollo per le Aziende che aderiscono alla sperimentazione:
- migliorare le prestazioni individuali, utilizzando la valutazione come un’opportunità;
- premiare il merito individuale;
- favorire la crescita professionale;
- disporre di informazioni per la migliore gestione delle risorse umane.

Spetterà ai Direttori generali di Asl e Ospedali individuare le Unità organizzative complesse e i Dipartimenti oggetto della sperimentazione, sulla base delle indicazioni fornite da un Comitato di indirizzo del quale fanno parte il Ministro Brunetta e i presidenti di Fiaso, AGeNaS e Formez. Proprio il Formez, avrà il compito di formare il personale che a sua volta dovrà preparare i “valutatori” di medici, infermieri, tecnici e amministrativi sanitari. Questi provvederanno ad assegnare gli obiettivi a ciascun dipendente, i cui risultati saranno valutati anche in base alle schede di valutazione allegate al Protocollo.

Per medici e dirigenti i cinque gradi di valutazione, che vanno da insoddisfacente a ottimo, verranno applicati su competenze e comportamenti in merito alla partecipazione e al miglioramento organizzativo, alle capacità tecnico-specialistiche e allo sviluppo professionale nonché alla risoluzione dei problemi, della programmazione, di innovazione, di relazione con i colleghi e – non ultimo - con i pazienti, i loro familiari e le associazioni.

Per infermieri, tecnici e amministrativi le competenze e i comportamenti verranno invece valutati sul contribuito ai programmi dell’unità operativa: autonomia e responsabilità, qualità del contributo professionale, programmazione e gestione delle attività, relazione con i colleghi e orientamento ai bisogni dell’utenza.

Il Comitato tecnico-scientifico avrà il compito di predisporre i risultati della sperimentazione e di illustrarli al Comitato d’indirizzo perché vengano condivisi con la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Pubbliche Amministrazioni istituita dall’art.13 della Riforma Brunetta.

mercoledì 27 gennaio 2010

Il cervello lavora meglio con la pausa caffe'

Fonte: ANSA

Favorisce il lavoro, lo studio e la memorizzazione

ROMA - Le pause aiutano a lavorare meglio; il break per il caffé, anche solo per pochi minuti, la pausa pranzo, o in generale tutte le piccole pause che si riesce a prendere nel corso dell'attività lavorativa o di studio, favoriscono l'apprendimento e la memorizzazione di ciò che si è appena incamerato nel cervello. Lo dimostra uno studio coordinato da Lila Davachi e condotto da Arielle Tambini, del dipartimento di Psicologia della New York University.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuron, svela un altro tassello del misterioso processo con cui formiamo i ricordi. Numerosi lavori scientifici hanno ormai confermato la teoria secondo cui il sonno è il momento in cui il cervello fa ordine e rielabora tutte le informazioni incamerate durante il giorno, consolidando il ricordo di eventi o fatti importanti che resteranno quindi incisi nella memoria, ed eliminando le informazioni superflue, facendo una sorta di 'potatura' delle sinapsi in cui queste informazioni sono state temporaneamente sistemate.

Ma alla luce di questo studio sembra proprio che non solo la lunga pausa notturna ma anche le piccole pause quotidiane, quando cioé si lascia riposare il cervello anche solo per pochi minuti, il tempo di un caffé tra una riunione e l'altra, o tra una lezione e la successiva, vanno a beneficio della sua funzionalità e in particolar modo della memoria. Le esperte hanno coinvolto un gruppo di persone mostrando loro delle coppie di immagini.

Dopo la visione delle stesse, a tutti è stato concesso un break di alcuni minuti chiedendo loro di rimanere svegli. Infine, a sorpresa, gli sperimentatori hanno testato la memoria del campione chiedendogli di ricordare le foto precedentemente viste. Per tutto l'esperimento il cervello è stato monitorato con la risonanza magnetica funzionale per vedere le aree in attività in ogni momento.

E' emerso che nel corso della pausa le aree dell'ippocampo e della corteccia, che si erano attivate mentre ciascuno guardava le foto, si accendono nuovamente anche se con intensità di attivazione variabile da persona a persona. Ed è emerso che tanto più intensamente queste aree si riattivano durante la pausa, tanto maggiore sarà la performance mnemonica della persona al momento del test. "Il cervello lavora per la persona mentre quest'ultima si riposa, quindi il riposo è importante per le funzioni cognitive" conclude Davachi; prendersi una pausa caffé dopo una lezione o dopo ore di lavoro può veramente aiutare a fare ordine e ricordare ciò che si è appreso

martedì 26 gennaio 2010

Inventore Ru486: 'ho la cura per l'Alzheimer'

Il medico francese della pillola del giorno dopo chiede finanziamenti per ricerca

di Aurora Bergamini
fonte: ANSA

PARIGI - Curare il morbo di Alzheimer sarà possibile secondo il professor Etienne-Emile Baulieu, l'inventore della pillola del giorno dopo, la Ru 486. Lo ha detto lui stesso presentando la sua ultima scoperta: una proteina capace di rallentare la demenza degenerativa invalidante che esordisce in prevalenza in età senile. Si chiama Fkbp52, è presente in grande quantità nel cervello (fa parte della famiglia delle immunofiline che si lega a farmaci immunosoppressori) e se stimolata da un farmaco può riparare la Tau, la proteina scoperta da Michel Goedert nel 1988 - che gioca un ruolo importante nel buon funzionamento dei neuroni - che alterandosi con l'età è la principale responsabile dell'Alzheimer e delle demenze senili in genere

. Dopo l'"Elisir di eterna giovinezza" (Dhea) e la Ru 486, questo instancabile endocrinologo e biochimico, all'età di 83 anni, pensa quindi di "avere trovato il modo di bloccare l'invecchiamento del cervello". "Ho fatto questa scoperta un anno e mezzo fa - racconta all'ANSA Baulieu - Mi rivedo con il naso sul microscopio nel momento in cui ho osservato che il Tau reagiva. Ho detto a Beatrice Chambraud (una delle ricercatrici della sua equipe all'Istituto della ricerca medica Inserm ndr ): abbiamo trovato come riparare il Tau, guarire l'Alzheimer". "Le nostre ricerche aprono la strada alla possibilità di una diagnosi precoce del morbo - aggiunge - le anomalie biochimiche infatti sono presenti almeno 5 o 10 anni prima dei segnali clinici".

Dopo avere stabilito il legame tra le due proteine i ricercatori hanno mostrato in laboratorio che una forte quantità di Fkbp52 impediva l'accumulo di Tau nelle cellule nervose: "si può dunque trovare un rimedio basato su questa reazione - continua il medico - sono convinto del risultato, che si può fare qualcosa sul piano della conoscenza, del trattamento e della prevenzione". "Tra due o tre anni - continua il medico - se avremo trovato i 5 milioni di euro necessari per finanziare la ricerca, sapremo se funziona davvero. Ora ho la soluzione mi mancano solo gli strumenti". L'annuncio di Baulieu è infatti motivato dal "bisogno di fondi per potere continuare la sperimentazione".

A fare il primo passo è stato Pierre Bergé, il compagno del defunto stilista Yves Saint Laurent, che ha annunciato il suo impegno come mecenate. Grazie alla sua donazione si potranno condurre studi clinici sugli animali, poi sull'uomo e trovare il trattamento per "dopare" questa proteina anti-Alzheimer. "Si vive sempre più a lungo. Un bambino su due nato dopo il 2000 sarà centenario - spiega l'endocrinologo - Ma il cervello invecchia più in fretta del corpo". L'Alzheimer colpisce più di 26 milioni di persone in tutto il mondo, oltre 500.000 in Italia e 800.000 in Francia. Secondo l'ultimo rapporto dell'associazione Alzheimer's Disease International (Adi), nel 2010 le persone che ne soffriranno saranno oltre 35 milioni a livello mondiale che sono destinate a raddoppiare nei prossimi 20 anni: sono attesi 65,7 milioni di malati nel 2030 e ben 115,4 milioni nel 2050.

domenica 24 gennaio 2010

corsi ECM gratuiti

Vista la scarsita' di corsi ECM gratuiti, vi suggerisco alcuni siti in cui si puo' prendere qualche credito gratuitamente :

http://www.med3.it/

http://fad.cbim.it/

http://fad.cbim.it/catalogo.php

http://www.med3.it/eventi/disp.php

http://netlearning.netstream.it/ilearn/en/learner/jsp/login.jsp?site=sicure

Allarme bomba al convegno della Lega - Cota: "Non ci faremo intimorire"

Il candidato alla Regione: «Vuol dire che siamo vicini a vincere le elezioni»
Borghezio: «E' una minaccia»

«Vuol dire che siamo vicini a vincere le elezioni»: è la prima battuta «a caldo» di Roberto Cota, dopo il falso allarme bomba di stamattina nell’aula dell’ospedale Molinette dove si sta svolgendo un convegno organizzato dalla Lega Nord. «Non ci faremo intimorire - ha aggiunto Cota, che è candidato del centrodestra alle prossime elezioni regionali in Piemonte - noi vogliamo portare un clima positivo. In questa campagna polemiche ce ne sono già tante. Non saranno queste cose che fermeranno la voglia di cambiamento che c’è in Piemonte».

L’europarlamentare Mario Borghezio subito dopo l'allarme ha dichiarato: «È un pesante avvertimento, una minaccia nei confronti della Lega particolarmente grave, perchè ha creato preoccupazione anche nei ricoverati dell’ospedale e nei loro famigliari».

La segnalazione della presenza di un ordigno nell’Aula delle Molinette era giunto al 113. Immediato l’intervento delle forze dell’ordine che per bonificare l’Aula hanno dovuto evacuare coloro che erano già presenti in attesa dell’inizio dei lavori. Rientrato l’allarme, il convegno è iniziato con una ventina di minuti di ritardo.

fonte: LA STAMPA

Da consumatori italiani di droga 4mila euro al mese

Lo afferma uno studio dell'European Centre for Social Welfare Policy and Research

ROMA (ANSA) - I consumatori abituali di droga italiani sono quelli che spendono di più in Europa, e tra i vari 'menu' sono primi per cocaina e hashish. Sono alcuni dei risultati di uno studio effettuato su campioni in sei città del vecchio continente tra cui Torino da Irmgard Eisenbach-Stangl, una ricercatrice dell'European Centre for Social Welfare Policy and Research.

I tossicodipendenti torinesi in media spendono fino a 4mila euro al mese, molto di più di quelli inglesi o olandesi e 5 volte di più rispetto agli ultimi in classifica. La ricerca ha suddiviso i consumatori abituali in due categorie: i 'marginalizzati' o 'problematici' e gli 'integrati' o 'ricreazionali'. Della prima categoria fanno parte coloro che almeno una volta alla settimana fanno uso di eroina, cocaina o anfetamine, mentre nella seconda sono compresi coloro che settimanalmente consumano droghe leggere mentre mensilmente ne 'assaggiano' almeno una di quelle pesanti.

Ad Amsterdam, Londra, Torino, Vienna, Praga e Varsavia sono stati selezionati 100 soggetti per ogni categoria, e con questionari la ricercatrice ha cercato di stabilire il 'menu' consumato. In molte delle classifiche stilate i torinesi sono ai primi posti, a partire da quella della spesa: in media, i consumatori 'problematici' italiani sborsano 4mila euro al mese, largamente la cifra più alta del gruppo e quasi 5 volte di più degli abitanti di Praga e Amsterdam. La droga preferita dai consumatori abituali del nostro paese resta l'eroina, ma in forte ascesa sembra essere la cocaina: i 'problematici' ne assumono in media 1,4 grammi al giorno (contro l'1,2 di londinesi, viennesi e praghesi), mentre i 'ricreazionali' si fermano a un grammo, una quantità inferiore solo a quella dei polacchi. Per quanto riguarda l'uso di cannabis gli italiani sono a metà classifica per quanto riguarda la marijuana, ma da noi c'E' un'incidenza molto maggiore di hashish, che invece negli altri paesi non è molto usato.

Lo studio ha cercato anche di stabilire i 'menu' dei consumatori abituali europei: i 'ricreazionali' italiani utilizzano prevalentemente derivati della cannabis (l'89% del campione usa almeno una volta la mese erba e l'86% hashish, percentuali rispettivamente seconda e prima nella classifica), cocaina (nel 37% dei casi) ed ecstasy (nel 20% dei casi), mentre é basso l'uso di anfetamine. "Se si considerano invece i problematici - spiega l'autrice nello studio - si vede che l'eroina e i suoi sostituti restano al primo posto in tutte le città europee, mentre la cocaina è al secondo in quelle della 'vecchia Europa', mentre ad est prevalgono le anfetaminé.

L'intensità dell'uso è comunque molto altà. 'Fra le altre cose questo studio ha dimostrato che la tipologia di consumo varia molto a seconda della nazione - conclude la ricercatrice - e conoscere 'il menù è fondamentale per le autorità locali nel definire le politiche antidrogà.

PINEROLO DUE GIORNI DI EMERGENZA PER I TROPPI RICOVERI, SERVIZI

Source : STAMPA TORINO
Author :GIAIMO ANTONIO

Giorni di superlavoro per medici ed infermieri del pronto soccorso

All'ospedale Agnelli soltanto posti in piedi
Barelle nei corridoi al pronto soccorso
Lunedì e martedì due giorni e due notti terribili per il pronto soccorso
dell'ospedale Agnelli di Pinerolo. Sono arrivati troppi pazienti
e il servizio è andato in crisi.
Da ieri la situazione sta lentamente migliorando. Tutti i reparti erano al completo,
non c'erano più letti disponibili e così chi era in attesa
di un ricovero è rimasto per ore su una barella nei corridori
del pronto soccorso. Il freddo di questi giorni, le strade
gelate hanno fatto salire il numero dei ricoveri. «Abbiamo
superato la media di 120 ingressi al giorno al pronto soccorso
- spiega il direttore del Dipartimento di Emergenza e Accettazione,
Gian Alfonso Cibinel ma soprattutto in questi due
giorni sono aumentati i casi
di pazienti che dovevano essere necessariamente
ricoverati. Ebbene, in quel momento l'ospedale non aveva posti
letto disponibili».
Unica soluzione, tenere i degenti nei
corridoi del pronto soccorso. «Certamente era meglio qui -
continua il dottor Cibinel - che non nei corridoi dei reparti,
se non altro sono stati tutti costantemente monitorati». Sì,
ma non tutti la pensano così e in tanti si sono lamentati per
quella anomala degenza.
«Un ospedale, per fare un esempio
facile, deve funzionare come una porta rotante - continua il
direttore del pronto soccorso - tanti ne escono quanti ne entrano,
se il sistema si blocca, allora tutto diventa più difficile».

E certamente non si poteva iniziare a dimettere alle
dieci di sera gli ammalati, si è dovuto aspettare l'indomani.
C'è stato un summit, tutti i primari sono stati chiamati in dirczione
sanitaria per verificare la possibilità di recuperare qualche
posto letto in più. «Alla fine però la macchina ha retto bene
- dice Giovanni La Valle, direttore dell'ospedale Agnelli -
abbiamo garantito a tutti un ricovero, certo qualcuno forse
è stato dalle 12 alle 24 ore in attesa».
Si è congiurato anche il rischio di dover rinviare i ricoveri di quelle persone
che avevano programmato un intervento chirurgico, possibilità
che era stata presa in considerazione mercoledì.
«In termini di risposta al servizio sanitario - continua il dottor La Valle
- questa soluzione avrebbe avuto certamente un risvolto negativo».

Due giorni di superlavoro per medici ed infermieri del pronto
soccorso pinerolese

sabato 23 gennaio 2010

Video dell'On Roberto Cota - Convegno: "Una Promessa Mantenuta:la Proposta di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte 2010-2015"

On Roberto Cota - Convegno: "Una Promessa Mantenuta:la Proposta di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte 2010-20

foto convegno



On Roberto Cota - Convegno: "Una Promessa Mantenuta:la Proposta di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte 2010-2015"

venerdì 22 gennaio 2010

Politiche familiari: Giovanardi, 5mila euro di prestito per ogni neonato

Il responsabile del dipartimento ha messo a punto il fondo di garanzia in favore dei nuclei che chiedono un sostegno economico sui figli nati o adottati nel triennio 2009-2011 per il quale sono stati stanziati 85 milioni.

Fonte: www.governo.it
Ben 5mila euro per ogni bebè nato nel 2009, nel 2010 o nel 2011. Il dipartimento delle Politiche per la famiglia, guidato da Carlo Giovanardi, ha messo a punto il fondo di garanzia per i nuovi nati e dal 20 gennaio parte anche la campagna di comunicazione che sarà trasmessa da radio e tv.
IL FINANZIAMENTO AGEVOLATO. Il prestito garantito a tassi agevolati è riservato a tutte le famiglie con un figlio venuto alla luce o adottato l'anno scorso, quest'anno oppure l'anno prossimo. L'iniziativa ha assunto concretezza con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del regolamento attuativo e con l'elenco delle banche aderenti che è disponibile da ieri. Mentre è stato messo in piedi un sito web che informa i genitori interessati a questa opportunità.
COME SI RICHIEDE? La domanda per ottenere i 5mila euro di finanziamento dovrà essere presentata compilando il modulo ad hoc che si trova direttamente presso le filiali delle banche. La scadenza cade il 30 giugno dell'anno successivo alla nascita o all'adozione. Il decreto anticrisi del 10 settembre 2009 ha stanziato circa 85milioni di euro per il triennio e delinea le modalità di richiesta del prestito e di attivazione del fondo di garanzia che copre il 50 per cento del finanziamento in modo irrevocabile, incondizionato e a prima richiesta.
IL PROTOCOLLO D'INTESA. L'iniziativa per le banche è a rischio pressocchè nullo, tuttavia l'adesione degli istituti al protocollo d'intesa è facoltativa e la concessione del prestito sarà valutata in modo autonomo dagli intermediari finanziari. Il progetto nasce con l'intesa siglata dal sottosegretario Giovanardi e dall'Associazione bancaria italiana (Abi); in un secondo momento sono state messe a punto le singole convenzioni con i soggetti aderenti.
COSTO DEL PRESTITO. Il tasso del prestito è fisso: si tratta di un Taeg (Tasso annuo effettivo globale) che non dovrà essere superiore del 50 per cento rispetto al Tegm (Tasso effettivo globale medio). La restituzione dei 5mila euro deve avvenire entro 5 anni, ma i soldi possono essere utilizzati per qualunque genere di spesa. Naturalmente si potrà anche estinguere il debito in un'unica soluzione anticipata o con rate flessibili, tuttavia sarà necessario concordare tempi e modi del rimborso con il soggetto finanziatore. Calcolando, ad esempio, i 5mila euro su 5 anni, la rata mensile ammonterà a circa 95 euro (di cui 12 di interessi).
UN AIUTO IN PIU' PER I NEONATI CON MALATTIE RARE. Va ricordato infine che nel caso di potestà o affido condiviso è consentito un solo prestito. Mentre il decreto riconosce una tutela ulteriore ai nuovi nati portatori di malattie rare, per i quali è previsto un contributo aggiuntivo in conto interessi che abbatte il Taeg allo 0,5 per cento. In questo caso i termini della domanda scadono alla fine del 2011.
PER SAPERNE DI PIU' -
Pieghevole di informazione- Il sito dell'iniziativa- Le banche aderenti
Ulisse Spinnato Vega (20-01-2010) da Nanni magazine

giovedì 21 gennaio 2010

Bimbi italiani piu' grassi e pigri di danesi e polacchi

(Adnkronos Salute) - Bimbi italiani più grassi e pigri rispetto ai coetanei danesi e polacchi: il 21% dei piccoli del Belpaese è in sovrappeso oppure obeso. Colpa soprattutto della scarsa attività fisica e delle troppe ore passate davanti alla tv. Ma anche del poco amore per frutta e verdura, e dell'inclinazione a rinunciare ai giochi all'aperto, nonostante il clima mite. E' quanto emerge dall'indagine campionaria svolta dal progetto europeo Periscope (Pilot European Regional Interventions for Smart Childhood Obesity Prevention in Early Age) sul tema dell'alimentazione infantile in Europa. Capofila del progetto è il Movimento difesa del cittadino, che ha lavorato insieme alla Asl di Brindisi, al Movimento consumatori, all'Università danese di Aalborg e a quella polacca di medicina della Silesia. La ricerca, presentata oggi a Roma, è stata coordinata da Margherita Caroli, pediatra della Asl di Brindisi e presidente di Ecog (European Childhood Obesity Group). Lo studio ha riguardato un campione di circa 1.200 bambini tra i 3 e i 6 anni 'arruolati' negli asili dei tre Paesi, e ha esaminato gli stili di vita dei piccoli e delle loro famiglie, il livello di attività fisica e il ruolo degli asili nelle abitudini alimentari dei bimbi. Ebbene, da questo punto di vista scopriamo che sono proprio i bambini italiani i più indisciplinati a tavola: mangiano meno frutta e verdura rispetto ai coetanei danesi e polacchi. In particolare, il 27,5% del campione non mangia mai verdura cruda e il 40% non consuma mai quella cotta. I migliori sono invece i danesi: circa il 70% mangia frutta almeno una volta al giorno e il 65% preferisce la verdura cruda una o più volte al giorno. Gli italiani sono anche i bambini che si muovono meno. Oltretutto il 50%, secondo quanto dichiarato dai genitori, non può giocare all'aperto contro l'1% dei danesi e polacchi, nonostante nei due Paesi il clima sia meno mite. E' questo uno dei risultati più scioccanti dell'indagine. In particolare, l'11% dei bambini del Belpaese non è autorizzato a giocare "mai" all'aperto rispetto allo 0% tondo dei coetanei danesi e polacchi. "Colpa della mancanza, in Italia, di aree verdi attrezzate e delle strade troppo trafficate", riferisce il Movimento difesa del cittadino. Per quanto riguarda l'attività fisica, i bambini danesi sono i più attivi: il 53,5% del campione fa sport. Dall'altro lato della classifica troviamo ancora una volta gli italiani, con un 'magro' 18,2%. Se si esamina l'uso della tv, solo il 3% dei danesi passa più di due ore al giorno davanti la tv. Un dato positivo, visto che vedere la televisione per più di due ore è considerata una cattiva abitudine a causa del legame con l'obesità infantile. Fanno peggio sia i polacchi con il 12,2% che gli italiani con il 13,2%. Durante il fine settimana la percentuale di chi passa oltre due ore davanti il piccolo schermo aumenta: sono i bambini polacchi a sperimentare il comportamento meno salutare, con il 41%, seguiti dagli italiani (25%) e dai danesi (22,7%). Al centro della ricerca anche il ruolo degli asili: per individuare l'importanza di queste strutture nella promozione di uno stile di vita sano fra i bambini, i ricercatori hanno coinvolto i genitori. Alla domanda 'a tuo figlio piace andare all'asilo?' la quasi totalità degli intervistati nei tre Paesi ha risposto positivamente (circa il 90%). I bambini polacchi sono i meno contenti. Il risultato, comunque, conferma che gli asili rappresentano un ambiente positivo per trasferire alle famiglie corretti stili di vita. Infine, un altro record negativo per i piccoli italiani: sono i più sedentari nel raggiungere l'asilo. Sebbene la distanza da casa sia inferiore a un chilometro, le famiglie della Penisola utilizzano l'auto molto più di quelle che vivono in Danimarca e Polonia. Si tratta di un dato interessante, dal momento che le città del Belpaese coinvolte nel progetto "sono piccole e il clima è molto più mite rispetto ai centri oggetto degli interventi negli altri due Paesi", concludono gli autori dello studio.

mercoledì 20 gennaio 2010

IV COMMISSIONE

SEDUTA N. 95 DELL’8 GENNAIO 2010 - SALA DEI MORANDO

ARGOMENTI TRATTATI


Espressione parere consultivo in ordine al disegni di legge n. 648 all’oggetto: “Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per gli anni finanziari 2011-2012”, relativamente alle materie di competenza della Commissione.

Prende la parola l’Assessore alla tutela della salute e sanità che dopo avere ricordato quanto già illustrato nella seduta del 18 dicembre 2009 u.s. nella quale ha fornito il quadro delle risorse previste nell’esercizio finanziario 2010 e nel bilancio pluriennale 2011-2012, passa a descrivere i singoli capitoli degli stanziamenti di spesa corrente e in conto capitale con i dati aggiornati a seguito dell’assestamento del bilancio 2009, così come richiesto da alcuni Consiglieri di minoranza.

Quindi alcuni Consiglieri di maggioranza e di minoranza formulano domande in particolare relative a:
1) il finanziamento riservato all’Ospedale Gradenigo ;
2) i provvedimenti che saranno assunti per ammortizzare le scorte del vaccino non utilizzato per prevenire l’influenza da virus A(H1N1);
3) il maggiore sovvenzionamento di euro 460.000,00 previsto nell’anno 2010 per l’attuazione di interventi di lotta alle zanzare, ovvero se sarà riconfermato negli anni successivi e se sarà ottemperato solo dall’IPLA;
4) il protocollo d’intesa che si prevede di siglare, a tempi brevi, tra la Regione ed i Comuni di Collegno e Grugliasco per la costruzione della Città della salute;
5) il tariffario previsto per la procreazione medicalmente assistita.

L’Assessore alla tutela e salute risponde alle richieste:
1) circa l’ospedale Gradenigo evidenzia che trattandosi di un presidio non convenzionato per attività ambulatoriale non si avvale di un rapporto diretto con la Regione e che i contratti sono stipulati tra l’ASL di competenza ed il nosocomio; tuttavia ricorda che presso il Gradenigo opera il reparto di emergenza-urgenza e che pertanto l’ospedale fruisce di una quota aggiuntiva rispetto ad altre strutture non convenzionate che si caratterizzano per diverse cure specialistiche appropriate (autismo, disabilità ecc,.) che in parte sono direttamente a carico dell’utente ed in parte rimborsate dal SSN;
2) in ordine alle scorte non utilizzate del vaccino contro l’influenza da virus A(H1N1) informa che lunedì 11 gennaio 2010 p.v. si riunirà l’unità di crisi nazionale che ha seguito l’emergenza che deciderà una linea omogenea di comportamento per tutte le Regioni finalizzata alla gestione dell’ utilizzazione delle scorte;
3) rispetto agli interventi di lotta alle zanzare è riconfermato lo stanziamento aggiuntivo indirizzato all’IPLA;
4) riguardo alla procreazione medicalmente assistita rende noto che è previsto un tariffario solo per gli esami diagnostici.

L’Assessore al welfare, precisa che il bilancio di previsione per l’anno finanziario 2010 e pluriennale per gli anni 2011-2012 predisposto dall’Assessorato di sua competenza è prevalentemente tecnico in quanto si è ritenuto opportuno demandare, a fine legislatura, alla prossima Giunta regionale il compito decisionale tecnico-politico del bilancio per gli anni 2011-2012 che dalla medesima saranno amministrati.

Passa ad elencare i capitoli di spesa per singola UPB che si riassumono nei dati seguenti:
1) totale complessivo spese correnti: assestato 2009 euro 230.308.150,55 – bilancio di previsione 2010 euro 203.970.030,44 – bilancio pluriennale 2011-2012 euro 203.970.030,44 per ciascun anno di cui totale complessivo fondi regionali euro 186.119.291,25 assestato 2009 – bilancio di previsione e bilancio pluriennale 2011-2012 euro 1.591.190,44 per ciascun anno e totale complessivo fondi statali assestato 2009 euro 44.1888.859,30 – bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2011-2012 euro 40.378.840,00 per ciascun anno;
2) totale complessivo spese in conto capitale: assestato 2009 euro 24.620.020,00 – bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2011-2012 euro 17.713.940,00 per ciascun anno di cui totale complessivo fondi regionali assestato 2009 euro 16.321.379,14 – bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 201-2012 euro 892.202,00 per ciascun anno e totale complessivo fondi statali assestato 2009 euro 8.296.640,86 – bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2011-2012 euro 8.784.738,00 per ciascun anno.

A questo punto il Presidente, non essendoci richieste di chiarimento, informa che nel corso della prossima seduta utile il Vice Presidente della Giunta regionale illustrerà i capitoli del bilancio inerenti l’edilizia sanitaria, permettendo quindi alla Commissione di esprimere il parere consultivo competente da trasmettere alla I Commissione consiliare permanente (Bilancio).

Jogging fa correre il cervello. Migliora memoria e apprendimento

Studio condotto su topi 'Forrest Gump'
(Adnkronos Salute) - Mette in moto le gambe e non solo. Fare jogging fa correre anche il nostro cervello, migliorando memoria e apprendimento. E se il fatto che l'attività fisica migliorasse anche le funzioni cognitive era già cosa nota, ora lo studio dello statunitense National Institute on Aging, che ha guadagnato le pagine della rivista 'Pnas', fa luce sugli effetti che la corsa in particolare sembra avere su specifiche aree cerebrali. Condotto su un gruppo di topi corridori, veri e propri Forrest Gump del mondo animale soliti filare per ben 24 km al dì, la ricerca capitanata da Henriette van Praag ha dimostrato che la corsa apporta cambiamenti strutturali e fisiologici nell'ippocampo, ovvero l'area cerebrale deputata alla memoria, aumentando inoltre la vascolarizzazione del cervello e la plasticità neurale. E non è tutto. Fare jogging migliora anche la produzione di fattori neurotrofici, vale a dire che incrementa il 'cibo' di cui si alimenta il nostro cervello. I topi Forrest Gump, infatti, se la cavavano di gran lunga meglio degli altri topolini 'pantofolai' nei test di memoria che ne misurava l'abilità spaziale. Ciò significa, spiegano i ricercatori statunitensi, che in loro è più attiva la neurogenesi, ovvero la nascita di nuovi neuroni in quelle aree cerebrali deputate all'apprendimento e alla memoria. Di corsa, sembrano dunque suggerire gli studiosi, per migliorare non solo il fisico ma anche l'abilità del nostro cervello.

Le cure palliative al traguardo

SENATO/ IGIENE E SANITÀ Le cure palliative al traguardo L' appuntamento è fissato per mercoledì 20 gennaio quando la commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama voterà, a meno di nuovi rinvii, il Ddl sulle cure palliative già approvato alla Camera con un voto bipartisan. La settimana scorsa è stato illustrato il pacchetto di emendamenti al testo firmati da maggioranza e opposizione. E dopo il ritiro di alcune delle modifiche sono rimasti in tutto una trentina di emendamenti. Che saranno votati nel pomeriggio di mercoledì. L'idea è quella di chiudere la partita in commissione Igiene e Sanità entro questa settimana per arrivare a fine gennaio nell'aula del Senato. Anche perché, se ci saranno modifiche, il testo dovrà tornare di nuovo alla Camera. Il progetto di legge contiene più di una svolta per i tanti malati cronici e quelli terminali costretti spesso a difficili slalom per avere le cure necessarie per lenire sofferenze spesso inutili. Innanzitutto sparirà, una volta per tutte, l'odiato ricettario speciale per la prescrizione degli oppioidi: d'ora in poi basterà la semplice ricetta del medico di famiglia per farsi prescrivere i medicinali. Il livello del dolore sarà, poi, costantemente misurato nelle corsie degli ospedali: medici e infermieri dovranno, infatti, obbligatoriamente riportarlo nella cartella cllnica. Ma il Ddl fa di più stanziando circa 150 milioni - 100 già previsti nel vecchio Piano sanitario nazionale e altri 50 aggiunti in extremis nell'ultima manovra estiva - per dare corpo alla rete delle cure palliative. Ma accanto alla "carota" delle nuove risorse il Ddl prevede anche il "bastone" con una serie di sanzioni per le Regioni che useranno male - o per nulla - gli stanziamenti messi a disposizione. Per assicurarsi che i fondi predisposti per le cure palliative non vadano a coprire altre voci di spesa, la legge prevede che le Regioni inadempienti non potranno accedere «al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale». Non solo. Nel caso in cui una Regione ritardi od ometta di compiere gli atti obbligatori previsti dalla legge, il ministero del Welfare fisserà un termine ultimo per gli adempimenti. Se, anche entro quel termine, la Regione non si sarà adeguata verrà nominato un commissario "ad acta".
SOLE 24 ORE SANITA'

domenica 17 gennaio 2010

La Proposta della Lega Nord Piemonte di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte 2010-2015

Convegno: "Una Promessa Mantenuta:la Proposta di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte 2010-2015"

PROGRAMMA

Ore 9.00 Accrediti

Ore 9.30 Saluti
Claudio DUTTO Presidente Gruppo regionale Lega Nord Piemont
Gianfranco NOVERO e Giuseppe FILIBERTI
Componenti Commissione Sanità Regione Piemonte
Mario CAROSSA Capogruppo Lega Nord Comune di Torino
Stefano ALLASIA Deputato Lega Nord e Segretario provinciale di Torino
Oreste ROSSI Eurodeputato Lega Nord
Massimo GIORDANO Sindaco di Novara

Ore 10.00 Interventi
Consultare prima di scrivere: un piano sanitario a misura di utente e operatore
Elena MACCANTI Deputato Lega Nord
Aspetti tecnici di una sanità piemontese del futuro
Claudio ZANON Direttore Chirurgia Oncologica TBA Molinette - Torino
Federalismo e Sanità
Francesca MARTINI Sottosegretario di Stato al Lavoro, Salute e Politiche sociali
La proposta di Piano Sanitario della Lega Nord per la prossima legislatura regionale
Roberto COTA Capogruppo Lega Nord Camera dei Deputati

È gradita conferma al numero 011.5757284 - gruppo.leganord@consiglioregionale.piemonte.it

SABATO 23 GENNAIO 2010
dalle 9.00 alle 13.00
Aula Magna Ospedale San Giovanni Battista-Molinette
Corso Bramante 88 - Torino

Le persone che pensano al futuro sono più attente alla salute

Anziché l'uovo oggi, preferiscono la gallina domani
Si direbbe che per qualcuno sia più importante garantirsi il benessere e una buona salute quando sarà più avanti negli anni che non darsi ai bagordi oggi e, per così dire, godersi la vita. Ammesso che poi ce la si goda veramente. Le persone caratterizzate da quella che è stata definita dai ricercatori della Kansas State University (KSU) una "mente-futura" sono proprio quelle che non cercano la gratificazione immediata ma vogliono assicurarsi un'avvenire più sereno e salutare. Così, oggi, evitano gli eccessi, il fumo, l'alcol e gli stili di vita deleteri in generale. Lo studio, coordinato da James Daugherty e il dr. Gary Brase della KSU, si è svolto mediante un questionario proposto a un gruppo di studenti di college con una media di 19 anni d'età, per poter capire se questi pensavano a breve ("mente-presente") o a lungo termine. In pratica, se erano lungimiranti o meno. Alcune domande erano basate sulla psicologia cognitiva come, per esempio, "Preferisci 35 dollari subito o 45 in un mese?". Altre erano basate sulla psicologia sociale e contenevano quesiti del tipo "Sono disposto a sacrificare la mia soddisfazione immediata al fine di ottenere migliori risultati futuri?". Tutti i soggetti che hanno mostrato una mente orientata al futuro erano anche più inclini a comportamenti salutari, sottolineano i ricercatori. «Qui c'è un grande potenziale per aiutare le persone a prendere le migliori decisioni in fatto di salute» ha concluso il dr. Brase.(lm&sdp)
Source: lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Personality and Individual Differences".

sabato 16 gennaio 2010

L'on. Roberto Cota espone la sua posizione sulla sanità in Piemonte

Abbiamo il piacere di invitarTi al convegno "Una promessa mantenuta: la Proposta di un Piano Socio-Sanitario per la Regione Piemonte", che si terrà sabato 23 gennaio, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso l’Aula Magna dell’Ospedale San Giovanni Battista-Molinette, corso Bramante 88 – Torino. Dopo "Quale ospedale per il futuro?" e "Quale medicina del territorio per il futuro?" il ciclo di appuntamenti sulla sanità si chiuderà con la presentazione ufficiale della proposta di un Piano Socio-Sanitario regionale 2010-2015

Spara al medico"Non voglio essere curato"

Nove colpi alle gambe di uno psichiatra che era andato a casa sua per una visita

Di Diego Andrà, Roberta Martini

crescentino (vercelli)
«Gli ho sparato perché mi voleva far passare per matto». Poche parole secche. Antonio Maida ha 55 anni, un passato con la divisa da carabiniere e un presente da paziente in cura presso i servizi psichiatrici, affetto da paranoia e schizofrenia. Ieri, con una pistola procurata al mercato nero, ha esploso nove colpi contro lo psichiatra che lo stava curando da mesi. Ha mirato alle gambe, ma le ferite sono gravi. E adesso in caserma a Crescentino, dopo essersi consegnato agli ex colleghi, ripete: «Mettetemi in camera di sicurezza, ho fatto un casino». Il «casino», come lo definisce questo ex carabiniere di origini calabresi, da anni fuori dall’Arma dopo una condanna per omicidio, scoppia intorno alle 11,30. Nel grande cascinale dove poco più di due anni fa lo hanno accolto i parenti, che vivono nel Vercellese da una vita, arrivano Pietro Rasicci, 57 anni, psichiatra del Dipartimento di salute mentale di Chivasso, e l’infermiere professionale Roberto Pezzano, 45 anni. Prima, come sempre, gli telefonano. Antonio Maida sembra tranquillo. Rasicci e l’infermiere parlano con l’ex carabiniere; entrambi hanno una lunga esperienza. Ma qualcosa va storto. Quando arrivano Maida non accetta la cura. E quando si allontanano in cortile, per raggiungere la Panda di servizio, l’ex carabiniere li segue. Punta contro il medico una pistola che non dovrebbe avere e spara nove colpi in successione. Quasi tutti raggiungono Pietro Rasicci alle gambe. L’infermiere - a cui pare che l’ex carabiniere abbia detto «Tu fatti da parte» - è il primo a soccorrerlo. Ma mentre è chinato per fermare il sangue Maida punta ancora una volta la pistola: in canna è rimasto un colpo, non gli va che Pezzano aiuti il dottore. Poi cambia idea, rientra in casa e chiama il fratello Giuseppe: «Ho fatto un casino». Andranno insieme in caserma poco dopo, in auto, mentre Roberto Pezzano chiama i soccorsi. Un’ambulanza del 118 porta lo psichiatra all’ospedale di Chivasso, e poi al Mauriziano di Torino, dove viene operato: ha i due peroni fratturati, e anche la tibia destra. È spaventato ma lucido, riesce a rispondere alle domande dei colleghi e del capitano dei carabinieri di Vercelli, Matteo Orefice. In via Livorno e poi in caserma i militari di Crescentino cercano di ricostruire l’accaduto. Spunta anche la pistola: è un’imitazione della Beretta, di fabbricazione cecoslovacca, una calibro 9 Luger. Una versione civile del calibro da guerra, con la matricola illeggibile. Antonio Maida può essersela procurata solo al mercato nero, dicono gli inquirenti che pochi mesi fa hanno già sequestrato all’ex carabiniere una pistola scacciacani.Antonio Lanteri, il direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Asl di Chivasso e di Settimo Torinese, non riesce a spiegarsi l’accaduto: «Questo paziente - spiega - è stato segnalato in maggio al nostro servizio. Da allora abbiamo lavorato per una presa in carico del malato a domicilio perché le condizioni familiari lo consentivano. E da maggio a oggi abbiamo eseguito numerose visite domiciliari: nulla ha mai fatto presagire reazioni di questo tipo». Antonio Maida adesso resta in camera di sicurezza, nell’attesa di trovare una struttura psichiatrica adatta. L’accusa per lui è di tentato omicidio.

giovedì 14 gennaio 2010

Cuore più sano con fianchi abbondanti

Le donne con le curve corrono meno rischi di infarto, afferma uno studio inglese Keywords
Se il vostro ideale è un corpo da top model, con curve femminili appena accennate, una ricerca inglese potrebbe farvi venire qualche dubbio. Secondo un’équipe di Oxford, infatti, avere un po’ di grasso in eccesso localizzato nei fianchi, sulle cosce e sul sedere svolgerebbe un’azione protettiva riguardo potenziali patologie di carattere cardiaco e metabolico.Il grasso localizzato in queste aree del corpo femminile ha la capacità di respingere gli acidi grassi nocivi e contiene un agente anti-infiammatorio che aiuta a prevenire l’ostruzione delle arterie. Lo stesso non si può dire del grasso che invece si accumula sull’addome.In un futuro non troppo lontano, i medici potrebbero mettere a punto una redistribuzione del grasso corporeo aumentando quello dei fianchi per tenere a bada malattie quali il diabete, ad esempio. Oltretutto, come riferiscono i ricercatori inglesi, poco grasso intorno ai fianchi può agevolare l’insorgenza di patologie gravi come la sindrome di Cushing, vale a dire il quadro clinico derivante da un eccesso di produzione dell’ormone cortisolo da parte del surrene, la ghiandola endocrina situata sul polo superiore del rene.La ricerca sottolinea anche il rischio di regimi alimentari volti a un dimagrimento troppo rapido, che sarebbe deleterio per l’organismo in quanto il grasso eliminato troppo in fretta rilascia una percentuale di citochine che dà vita ad infiammazioni e conduce a malattie cardiovascolari, insulino-resistenza e diabete.Al contrario, bruciare grassi in maniera lenta ma costante favorisce il rilascio di adiponectina, un ormone che regola il controllo dello zucchero nel sangue.Il coordinatore della ricerca, Konstantinos Manolopoulos, sintetizza in una battuta l’esito della propria ricerca: “in un mondo ideale si dovrebbero avere cosce e sedere abbondanti e pancia piatta. Purtroppo, in genere si hanno abbondanti entrambe le parti o nessuna delle due”.Andrea Piccoli
http://italiasalute.leonardo.it

Le negano pillola del giorno dopo e resta incinta, denuncia Asl

Roma, (Adnkronos Salute) - Chiede mezzo milione di euro alla Asl che, nel maggio del 2006, le negò la pillola del giorno dopo, portandola così ad affrontare una gravidanza indesiderata. E' la storia di una 37enne che ha citato in Tribunale l'Azienda sanitaria di Teramo, rea, a detta della donna, di averle negato il farmaco, richiesto in seguito a un rapporto sessuale durante il quale il preservativo si era rotto. Temendo di restare incinta, la donna si era rivolta prima alla guardia medica di Tortoreto, subito dopo all'ospedale di Giulianova. In entrambi i casi, non era riuscita a ottenere la cosiddetta 'plane B': così è rimasta incinta e nel febbraio 2007 ha dato alla luce un bambino. Oggi, di fronte a quella che considera una grave omissione, chiede alla Asl un lauto risarcimento. La terza udienza in Tribunale per l'ammissione delle prove è stata fissata per il prossimo 13 maggio. "Nel registro della guardia medica di Giulianova - spiega intanto all'ADNKRONOS SALUTE Bruno Massucci, il legale che sta assistendo la Asl - non risulta che, nella notte tra il 25 e il 26 maggio del 2006, la donna si rivolse al presidio. Mentre stando alla documentazione in possesso dell'ospedale giuliese, la 37enne rifiutò la visita ginecologica a cui doveva sottoporsi per poter ottenere il farmaco".Il legale della Asl ha chiesto, tra le altre cose, che a testimoniare venga chiamato anche l'uomo che, ai tempi, era il compagno della donna. "Non ha riconosciuto il bambino - spiega Massucci - per cui è necessario fugare ogni dubbio sulla sera in cui avvenne il concepimento".

mercoledì 13 gennaio 2010

Con il federalismo fiscale si può salvare il Snn

"Siamo soddisfatti delle misure che il Ministro Fazio intende attuare considerato che l'andamento della spesa sanitaria nelle regioni del centro-sud è interessata da disavanzi strutturali ormai da troppi anni. Nell'attesa auspichiamo che dette regioni riescano ad allinearsi e a tornare in pareggio di bilancio al fine che sia garantito il risanamento delle relative gestioni economico-finanziarie ed evitare nuovi finanziamenti aggiuntivi statali". A dichiararlo è la deputata leghista Laura Molteni Capogruppo della Lega Nord in commissione Affari Sociali che al termine del suo intervento durante il Question Time di oggi ha aggiunto: "Fare bene si può ed è unicamente con il federalismo fiscale e la sua piena applicazione che si può salvare il servizio sanitario da una bancarotta in cui versano la maggior parte delle regioni del centro-sud. Regioni attanagliate da voragini di bilancio e che hanno servizi sostanzialmente inadeguati rispetto alle ingentissime risorse finanziarie impiegate e ripetoo ai bisogni e alle attese dei cittdini. Per i meccanismi sezionatori introdotti dal disegno di legge della riforma del federalismo fiscale chi male amministrerà, causando dissesti finanziari e buchi di bilancio, non solo non potrà più essere eletto in Comune, in Provincia, in Regione e in Parlamento, ma nemmeno potrà essere nominato in amministrazioni di Enti Pubblici. Per questo urge più che mai l'emanazione di quei decreti attuativi a cui il Governo è al lavoro che ci permettarà di riferire le varie voci della spesa sanitaria ai costi standard, calibrati sulle migliore prassi in materia dell'acquisto di beni e servizi ed in materia di erogazione di prestazioni sanitarie sostanziando e parametrando i segmenti articolati della spesa sanitaria in termini di costi e benefici, di qualità e di ricaduta positiva sul cittadino, sia per quanto attiene al miglioramento del quadro epidemiologico quanto alla reale soddisfazione del paziente e ei cittadini tutti. Cittadini ai quali chi amministra dovrà rendere conto concretamente del proprio operato".

La sanità pubblica britannica offrirà fino a 1.800 sterline (circa 2mila euro) a chi dimagrirà.

I "premi" aumenteranno con il numero dei chili persi. Circa 400 pazienti in cura per grave obesità

Londra - La sanità pubblica britannica offrirà fino a 1.800 sterline (circa 2mila euro) a chi dimagrirà. Non solo. I "premi" aumenteranno con il numero dei chili persi. Secondo il Sun, circa 400 pazienti in cura per grave obesità ma anche infermieri sovrappeso, si sono iscritti a uno progetto-pilota avviato dall’unità sanitaria locale dell’Eastern and Coastal Kent, e secondo i medici i primi risultati sono "incredibili".
Premi per chi dimagrisce I pagamenti ai pazienti vanno dalle 200 sterline per chi perde 12 chili in cinque mesi, a circa 1.800 per chi perde oltre 60 chili in 21 mesi. Un paziente, dice il giornale, è dimagrito di 50 kg dallo scorso maggio, quando è iniziato l’esperimento, e diversi altri hanno perso oltre 10 kg. Due terzi di coloro che sono dimagriti hanno ottenuto questo risultato mangiando meno e facendo moderata attività fisica. Visto il successo ottenuto in Kent, molti responsabili dell’Nhs a livello locale sono in trattative con l’azienda Weight Win, che organizza il programma "chilo per chilo" utilizzato dall’Nhs.
Lotta all'obesità "Il problema dell’obesità è fuori controllo, e costa milioni alla sanità pubblica - ha spiegato una fonte del servizio sanitario nazionale - il test mostra che pagare questa azienda è un modo di spendere bene i soldi per far dimagrire la gente e farla restare magra". Per ogni persona trattata, l’Nhs paga 185 sterline, ma i "premi" e l’amministrazione sono responsabilità di Weight Wins. In molti casi, ovviamente, non c’è alcun pagamento, perchè le persone non rispettano i piani stilati dall’azienda e non dimagriscono in linea con gli obiettivi prefissati. Il National Obesity Forum, organizzazione che combatte l’obesità, parla di "approccio rivoluzionario al problema incoraggia la perdita di peso nel lungo termine". "I nostri pazienti non riprendono peso - ha osservato il fondatore di WW, Winton Rossiter - questo, nel tempo, fa risparmiare miliardi all’Nhs".

martedì 12 gennaio 2010

Il venerdì mattina, a lavoro, si è più felici

I lavoratori subiscono "l'effetto weekend"

Il venerdì mattina la vita dei lavoratori si tinge di rosa: insegnanti, medici, segretarie, avvocati e manovali, infatti, sperimentano senza eccezioni "l'effetto weekend", una sorta di iniezione di buonumore e vitalità tipica dei giorni che vanno da venerdì a domenica pomeriggio, quando mal di testa e doloretti vari si fanno meno frequenti.A "misurare" l'effetto del fine settimana sull'umore dei lavoratori è uno studio dell'Università di Rochester, pubblicato sul Journal of Social and Clinical Psychology, che testimonia come fare un lavoro che piace non rende immuni dal benefico effetto del weekend in arrivo. Secondo il team diretto da Richard Ryan, psicologo dell'ateneo americano, che ha indagato sul fenomeno insieme a Jessey Bernstein della McGill University (Canada), il segreto dell'effetto del fine settimana sta nella libertà di potersi scegliere liberamente gli impegni, abbinata all'opportunità di passare del tempo con le persone amate.«I lavoratori, anche quelli che fanno un lavoro interessante e di alto livello, sono davvero più felici nel weekend - assicura Ryan - I nostri dati evidenziano dunque quanto il tempo libero sia importante per il benessere di ognuno». Soprattutto, non si tratta di voglia di oziare, come sottolineano i ricercatori, ma «dell'opportunità di legarsi agli altri, esplorare i propri interessi e rilassarsi: tutti bisogni psicologici di base che le persone non dovrebbero soffocare con l'eccesso di lavoro», raccomanda l'esperto.Il team ha monitorato le oscillazioni d'umore di 74 adulti dai 18 ai 64 anni, tutti con lavori che li impegnavano per almeno 30 ore a settimana. Nel corso di tre settimane di osservazione i ricercatori hanno registrato stress, gioia, felicità, ma anche ansia, rabbia e depressione delle "cavie umane", prendendo nota di tutta una serie di eventuali sintomi fisici dello stress: dai mal di testa ai problemi di stomaco, ai cali di energia.I risultati non lasciano dubbi: uomini e donne si sentono «decisamente meglio», dal punto di vista mentale e fisico, nel fine settimana. Un benessere "da weekend" indipendente da stipendio, orario e ritmi di lavoro, cultura, soddisfazione per il proprio impiego e addirittura tipo di lavoro svolto. Inoltre, ci si sente meglio sia che si sia single oppure sposati, conviventi, divorziati o vedovi. Si tratta, dunque, di un effetto positivo "universale", indipendente anche dall'età, che porta i lavoratori ad attendere con trepidazione il venerdì.

Maternità: in Italia sempre più mamme-bambine

In aumento le giovanissime al di sotto dei 19 anni con figli. Un fenomeno sui cui inciderebbe disinformazione, stato sociale e accessibilità dei servizi sanitari. L'allarme dai ginecologi italiani.

Crescono di colpo bruciando tutte le tappe. Troppe adolescenti italiane diventano mamme quando sono ancora figlie. L'allarme lo ha lanciato la Societa' italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) in un convegno sul tema, che citando stime Istat segnala come siano passate da 9.525 del 2006 alle 9.583 l'anno successivo, con un incremento dello 0,5% in 12 mesi. Solo nel 2007 le italiane sotto i 16 anni che hanno partorito sono state 700.
Maternità non pienamente consapevoli, secondo i ginecologi, portatrici spesso di traumi pesanti che possono abbattersi sia sulla madre che sul bambino, e responsabili di cambiamenti esistenziali troppo repentini, dunque a rischio. Un fenomeno che si configurerebbe come conseguenza di una eccessiva disinvoltura sessuale a detta della Sigo, per la quale è necessaria una tempestiva ed efficace prevenzione.
Le under 19 sessualmente attive infatti che non usano protezione, ha ricordato la Società dei ginecologi, hanno il 90% di possibilità di restare incinte entro un anno. Necessaria, in questi casi, sarebbe dunque un'assistenza multidisciplinare e continua, per prevenire quelle che vengono segnalte come le più frequenti complicanze: parto prematuro, ritardo di accrescimento del feto e rischio depressione postpartum e maltrattamenti.
"Problemi che non si spiegano solo con l'età e le sue caratteristiche fisiche e psicologiche - ha spiegato il professor Giorgio Vittori, presidente della Sigo - : l'Organizzazione mondiale della sanita' indica altri fattori critici 'collaterali' come l'educazione, lo stato sociale e la fruibilità dei servizi sanitari". Fattori questi che incidono fortemente in particolare sulle ragazze immigrate per le quali, non a caso, è stato registrato un incremento non trascurabile di parti: dal 2006 al 2007 le neomamme precoci straniere sono passate da 2347 a 2495.
"La possibilita' di accedere ai servizi sanitari e un buon livello di informazione sono indispensabili per poter evitare gravidanze indesiderate- spiega il professor Aldo Morrone, presidente dell'Inmp -. La rete comunitaria di appartenenza di queste minorenni, purtroppo, non sempre riesce a sostenerle nelle scelte riproduttive. Molte minori non sono accompagnate e l'impossibilita' delle famiglie di assistere la propria figlia rispecchia la difficoltà per gli stranieri di essere consapevoli del ruolo genitoriale. Una situazione di massima vulnerabilità che richiede l'impegno dell'intero sistema sanitario per poter essere arginata".
Tra i principali fattori di rischio di una gravidanza nelle teenager, i ginecologi segnalano bassa condizione economica, genitori single o a loro volta adolescenti, risultati scolastici scadenti. Vite compromesse, che si ripercuotono sui piccoli con segni permanenti: "Oltre ai potenziali problemi fisici connessi alla nascita pretermine o al basso peso, questi bambini possono presentare difficoltà di inserimento, di sviluppo e di integrazione sociale" ha precisato Emilio Arisi, consigliere Sigo. "Inoltre, tendono a diventare a loro volta madri/padri adolescenti. Non solo, sono piu' esposti a rischi del maltrattamento, violenza, abuso e abbandono e, una volta cresciuti, hanno maggiori possibilità di assumere atteggiamenti di delinquenza giovanile, come osservato soprattutto negli Usa".
Interventi di pianificazione familiare informata e protetta, appaiono non più rimandabili secondo Vittori, per preservare la fertilità delle ragazze dall'aggressione di malattie sessualmente trasmissibili, frutto di comportamenti irresponsabili. "Un compito a cui noi ginecologi non possiamo sottrarci, indispensabile a garantire la salute delle nostre pazienti e dei loro figli". Una deriva quella italiana che, seppure preoccupante, sembra fortunatamente ancora distante dalla drammatica emergenza di Paesi come il Regno Unito (7,1% di gravidanze nelle under 19), l'Estonia (8,1%), la Slovenia (8%), l'Austria (5,8%) o gli Stati Uniti, dove si registra l'impressionante cifra di 800 mila mamme precoci l'anno.
Paola Simonetti
ripreso dal periodico on line Nanni Magazine.

lunedì 11 gennaio 2010

10 gennaio 2005 – 10 gennaio 2010, cinque anni dalla legge 3/2003 "Tutela della salute dei non fumatori"

A cinque anni dall’entrata in vigore della legge 3/2003, art. 51 "Tutela della salute dei non fumatori", il bilancio può essere considerato positivo, soprattutto in riferimento alla protezione dall’esposizione al fumo passivo. Agire efficacemente nella prevenzione e cura del tabagismo, per migliorare la salute delle persone, è, tuttavia, un compito complesso, che richiede un grande impegno e lo sviluppo di politiche ed interventi in ambiti diversi da quello strettamente sanitario. Occorre, pertanto, continuare ad impegnarsi per mantenere e migliorare i risultati conseguiti, tenuto conto, ad esempio, di segnali di allerta per quanto riguarda la prevalenza dei fumatori.Nel 2009, infatti, secondo i dati ISTAT (che fanno riferimento a oltre 60 mila interviste a persone con età superiore ai 14 anni), la percentuale dei fumatori è salita al 23%, dopo 5 anni di valori stabili intorno al 22%.Nel 2003, prima della legge 3/2003, la prevalenza era del 23,8% L’aumento maggiore ha riguardato i giovani adulti di età compresa tra i 25 e i 34 anni, dove si è raggiunta la percentuale del 31,4%. In più leggero aumento è, invece, la prevalenza tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che raggiunge il 21,7%.L’attività di monitoraggio dell’applicazione della legge, avviata fin dal 2005 e tuttora in corso, ha evidenziato, comunque, alcuni importanti risultati.Dall’elaborazione dei dati dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), nel corso del 2009 le vendite di sigarette si sono ridotte del 2,2%, corrispondente a 140 milioni di pacchetti venduti in meno (oltre 1 pacchetto in meno al mese acquistato da ciascun fumatore). Per la prima volta dal 1997, le vendite sono scese sotto la soglia dei 90 milioni di kg. La diminuzione delle vendite di sigarette è pari a circa il 9% in meno rispetto al 2004.Per quanto riguarda il rispetto della legge, la popolazione si è dimostrata generalmente favorevole al provvedimento e consapevole della sua importanza per la salute pubblica. Ed i dati indicano un buon livello di osservanza in tutto il paese.Su mandato del Ministro della Salute, i Carabinieri per la Sanità – NAS, nel 2009 hanno effettuato 2.551 ispezioni a campione su tutto il territorio nazionale presso diverse tipologie di locali (stazioni ferroviarie, ospedali, ambulatori, musei e biblioteche, aeroporti, uffici postali, e sale scommesse, discoteche, pub e pizzerie) in cui si applica il divieto di fumo, evidenziando il sostanziale rispetto della norma. Sono state contestate complessivamente 234 infrazioni (9,2%): 91 a persone che fumavano dove vietato (3.6%) e 143 per mancata o errata affissione del cartello di divieto o per presenza di locali per fumatori non a norma (5.6%).I risultati dell’anno appena trascorso, quindi, se da un lato sono incoraggianti mostrano anche quanto ci sia ancora da fare e quanto sia necessario mantenere alta l’attenzione delle istituzioni, dei mezzi di comunicazione e dei cittadini sull' "epidemia" di tabagismo, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e sul monitoraggio della legge.Per approfondire consulta il Rapporto 2009 sulle attività per la prevenzione del tabagismo all'interno dell'area tematica "Stili di vita - Guadagnare salute" Redazione Ministerosalute.it - 11 gennaio 2010

La paura che fa più danni della malattia. Come rimediare. Parla l'esperta.

LUIGI MONDO & STEFANIA DEL PRINCIPE
"Lo stress fa male e riduce le difese del sistema immunitario". Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase. E la paura, invece, cosa procura? Ve lo siete mai chiesti?Noi sì, dato che gli "attentati" alla nostra serenità si fanno di giorno in giorno sempre più frequenti. Tra i tanti, in questo periodo, si è anche aggiunto quello delle malattie, come la tanto temuta influenza A. C’è chi afferma che si tratta di una normale influenza e chi, invece, prende la cosa più seriamente. Insomma, ognuno dice la sua e alla fine si crea soltanto confusione. Fattostà che il problema esiste e, come tale, è bene non prenderlo sottogamba. Quello che comunque appare chiaro, è che per molte persone il fatto di potersi prendere qualche "strana" malattia è fonte di paura. Ecco quindi la domanda di cui si accennava all'inizio: se già lo stress danneggia il nostro equilibrio psico-fisico, non lo fa ancora di più la paura?Facendo un po' di ricerche scopriamo che c’è chi già conosceva la risposta negli anni '30. Si chiamava Edward Bach ed era un medico, immunologo, omeopata, patologo e autore del libro "Guarisci te stesso".In questo testo parla proprio della paura delle malattie e di quanto, questa, giochi un ruolo fondamentale nello sviluppo delle stesse. Così ci siamo rivolti a Liliana Gimenez Haas, floriterapeuta, esperta in fiori di Bach per capire qualcosa di più.Liliana, ci può dire cosa pensava esattamente il dr. Edward Bach della paura delle malattie? «Edward Bach arrivò a pensare che convivere con la paura - e quindi con l'infelicità - portasse ad avere una salute cagionevole. Credeva che la paura fosse uno stato d'animo principe, che stava alla base dei maggiori disequilibri psicofisici. Secondo il pensiero di Bach, nella nostra era "la paura della malattia" si è sviluppata fino a diventare potenzialmente dannosa, perché aprirebbe appunto la porta a tutto ciò che temiamo (in questo caso la infermità), facilitandone l'ingresso nell'organismo, e riuscendo a volte addirittura a radicarsi nella personalità dell'individuo, che in questo modo potrebbe diventare cronicamente timido, assoggettato sia ai medici che ai farmaci, e talvolta facendolo arrivare a vivere nel terrore. La paura gioca un ruolo molto importante nell'intensificazione delle patologie, e la scienza moderna ha forse aumentato il "terrore" attraverso la diffusione delle sue scoperte verso il suo Grande Pubblico, le quali ancora non sarebbero altro che delle mezze verità. Quindi la conoscenza dell'azione dei vari batteri, virus e germi associati alla malattia, potrebbe sviluppare un vero e proprio caos nella mente di migliaia di persone sprovvedute, e il terrore suscitato in loro avrebbe il potere di renderle più suscettibili all'attacco dell'infermità, fisica e/o mentale. C'è però un fattore che la scienza non è in grado di spiegare: sottoposte agli stessi rischi di contagio, e alla medesima possibilità d'infezione, alcune persone possono diventare affette da una determinata patologia, mentre altre ne risultano "immuni" naturalmente. Il Materialismo dimentica che c'è un fattore che è al di sopra del piano fisico esistenziale, che nel corso della vita quotidiana proteggerebbe e renderebbe insensibile qualsiasi persona verso la malattia, di qualunque natura essa sia: l'equilibrio psicofisico, cioè stare bene con se stessi, come individui coraggiosi, sereni, gioiosi e ottimisti. Pertanto saremmo in grado di mettere da parte tutte le paure e le fobie, considerando la causa della malattia come qualcosa che è all'interno della nostra mente, e ricordando che solamente questa angoscia sarebbe capace di renderci sensibili ad essa. Ma se ci impegnassimo per portare armonia nella nostra personalità, temeremmo la malattia non più di quanto essere colpiti da un fulmine o da un frammento di una meteora cadente». Secondo lei, cosa direbbe se fosse ancora in vita, in merito alla "fobia" da influenza A? «Bach era convinto del fatto che il potere di autoguarigione avesse una forza immane. Partendo dal concetto che la paura è una emozione che agisce deprimendo le nostre difese naturali, e quindi peggiorando l'atteggiamento verso la vita, essa sarebbe la causa di una disarmonia fisica ed elettromagnetica all'interno dell'organismo, aprendo così la strada per l'invasione dei microorganismi che possono provocare una determinata infezione, si chiami raffreddore comune o Influenza A. Allora davvero si potrebbe essere incoraggiati ad avere paura. Ma quando ci rendiamo conto che nella peggiore delle epidemie o delle pandemie solo una parte degli individui esposti al contagio vengono attaccati, e che, come abbiamo già visto, la vera causa della malattia risiederebbe in uno squilibrio della personalità, allora saremmo in grado di tenerla sotto controllo, e potremmo vivere senza timore, essendo consapevoli che il rimedio si trova dentro di noi stessi, e si chiama benessere psicofisico».Quali sono le conseguenze a livello fisico (secondo Bach) sulle persone che hanno paura di ammalarsi e cercano sempre qualche stratagemma perché ciò non avvenga?«Aver paura di ammalarsi sarebbe come "aver paura della paura". Ed è meglio ricordare che le paure si avverano. Infatti, il soggetto pauroso può arrivare sia ad una subdola ipocondria (sentendosi contaminato, contagiato, avvelenato da qualcosa), che a far ammalare le persone che sono sotto le sue attenzioni esagerate - confuse in maniera distorta con "attenzioni amorevoli" - (vedi Sindrome di Münchausen, e SdM per procura). Si sa che la troppa asepsi porta ad un indebolimento del sistema immunitario. I bambini troppo protetti, per esempio, "troppo curati" con antibiotici e cortisonici - noti farmaci depressori del sistema immunitario - hanno una salute sicuramente più debole di quelli che vivono una vita più libera, a più contatto con la natura, che in questo modo si "vaccinano" naturalmente».Quali erano i consigli generali che dava per mantenerci in buona salute? «Essere a contatto con la natura possibilmente incontaminata (anche se oggi non è tanto facile come negli anni '30...), allontanare da sé i sentimenti negativi come la paura, l'odio, l'invidia, l'egoismo, l'intolleranza, l'impazienza, lo scoraggiamento, il rancore, l'attaccamento al passato, i pensieri circolari, l'incertezza, l'indecisione ecc. Tutti atteggiamenti armonizzabili con l'uso delle sue 38 essenze floreali, che ripristinano e promuovono l'amore, la pace, la volontà, la fede, la rigenerazione fisica e mentale, il superamento del passato, la gioia, la saggezza...».Quali sono gli errori più comuni che commettiamo? «Sono tutti quegli atteggiamenti di vita quotidiana eccessivi o non moderati, per esempio, bere bevande e mangiare pietanze troppo calde o troppo fredde, nutrirsi con cibi non biologici, lavarsi le mani troppo spesso quando siamo dentro casa (preferite le saponette meno "aggressive" cioè che non interrompono la difesa naturale già prodotta da la nostra pelle), banalizzare le sofferenze o il riposo, dormire poco e male, dipendere da certe abitudini dannose come fumo, cibo, gioco, alcol, psicofarmaci, vivere freneticamente o in maniera piuttosto sedentaria, credere di essere autosufficienti, trascurare gli affetti o, altrimenti, provare a tenere le persone care sotto costante controllo, preoccuparsi anziché occuparsi, giudicare gli altri, non ascoltare i messaggi che ci invia il nostro corpo, vivere nel passato o nel futuro, cioè, non provare a vivere il qui e l'ora ecc.». E se alla fine di tutto la paura è più forte di noi, quali rimedi floreali consiglia? «Ci sono 5 Fiori per trattare specificamente la paura: Mimulus per la paura delle cose conosciute, Aspen per la paura dell'ignoto, Rock Rose quando la paura diventa terrore e/o panico, Cherry Plum per la paura di perdere il controllo e commettere atti inconsulti, e Red Chestnut per la paura che succeda qualcosa di pericoloso agli esseri cari. Per conoscerle meglio è possibile visitare questa pagina. Non dimentichiamo, però, che l'origine della paura può "celarsi" dietro alle 38 essenze floreali di Bach, ecco perché i rimedi floreali non vanno presi come un prodotto da banco, ma devono necessariamente essere scelti in maniera personalizzata ed in base ad una buona conoscenza del loro repertorio, o meglio ancora, affidandosi ad un esperto Floriterapeuta. Altrimenti, se scelte erroneamente o approssimativamente, si rischierebbe poi di affermare che i rimedi floreali "non funzionano", o che "sono soltanto un effetto placebo", e questo non farebbe minimamente onore all'importante scoperta che il Dr. Edward Bach ci ha donato con tanto amore».Chi è Liliana Gimenez Haas Di origine argentina è Fisioterapeuta, Naturopata specializzata in Fiori di Bach e in Tecniche Naturali per smettere di fumare. Musicista e scrittrice. Fa volontariato per bambini, anziani e mascotte. Vive a Roma dal 1982.

domenica 10 gennaio 2010

VIN BRULE' IN EUROPA

Picccola carrellata sul vin brulè bevanda antica risalente addirittura ai romaniche aromatizzavano il vino riscaldato con miele,pepe,alloro e zafferano.Attraversando l'Europa troviamo molte varianti ed il bello di questa preparazione è la diversità con cui tutti gli europei lo preparano,facendo diventare il vin brulè una bevanda di respiro europeo nonostante le sue varianti e le sue diversità. I francesi lo chiamano "vin chaud" con una preparazione analoga alla nostra, Glühwein i tedeschi che lo insaporiscono con cannella ,vaniglia, fette d’arancia e chiodi di garofano,"Mulled wine" gli inglesi ;in Polonia viene aggiunto il miele mentre nel Nord Europa Scandinavia,Danimarca e Finlandia insaporiscono il loro Glogg con il Korn un distillato derivato dai cereali o semplicemente con Vodka.Ci sono però alcune cose basilari nella preparazione nel vin brulè, l'uso di vino di qualità e il tipo di riscaldamento, in quanto il vino non deve essere fatto bollire ma riscaldato prima con fiamma più viva e poi fatto riposare su una fiamma tenue, per evitare che la bollitura distrugga gli aromi fruttati che sono caratteristica di questa bevanda invernale.

Influenza A: morti in Italia sono 204

Nel mondo oltre 13.700 le vittime
(ANSA) - ROMA, 10 GEN - La donna morta a Pisa per influenza A/H1N1 e' la quarta vittima del virus dall'inizio del 2010. Le vittime in Italia sono in tutto 204.La prima vittima dell'anno e' stato un uomo di 59 anni, morto il 6 gennaio a Perugia e dalle condizioni di salute compromesse.L'8 gennaio sono morti una donna di 56 anni, ricoverata a Brindisi e un uomo di 76 anni, che soffriva di diabete, ad Ancona. Nel mondo dall'inizio della pandemia sono state piu' di 13.700 le vittime del virus A/H1N1.

sabato 9 gennaio 2010

Obama: sanita', assistenza a costi bassi

Anche a chi perde il lavoro o si ammala gravemente

(ANSA) - WASHINGTON, 9 GEN - Il presidente americano Barack Obama ha dedicato oggi il discorso radio del sabato alla riforma sanitaria.Obama ha sottolineato che gli americani sono sul punto di ottenere una assistenza medica ''di qualita' e a costi accessibili'' in tutte le circostanze, anche quando perdono il lavoro o si ammalano gravemente. La riforma e' gia' stata approvata da Camera e Senato ma con testi diversi che devono adesso essere armonizzati.

venerdì 8 gennaio 2010

Allarme Alzheimer

La popolazione invecchia e que­st’anno saranno 35 milioni i malati di Alzheimer nel mon­do. La cifra, che supera del 10% le già preoccupanti previsioni formulate nel 2005 dall’associazione Alzheimer Disease International, ha portato la prestigiosa rivista Lancet Neurology a definire il disturbo come «la sfida globale del XXI secolo». I casi di de­menza sono destinati a raddoppia­re nei prossimi 20 anni, fino a oltre­passare abbondantemente il tetto dei 100 milioni nel 2050. Il proble­ma – sottolinea su Lancet Jean Fran­cois Dartigues dell’Università di Bor­deaux – è che «la quantità di casi non diagnosticati e la mancanza di regi­stri nazionali come quelli istituiti per tumori, malattie infettive o disturbi cardiovascolari potrebbe far risulta­re questi numeri di molto inferiori alla realtà del fenomeno». Dichiarato dal Parlamento europeo «priorità di salute pubblica», l’Alzhei­mer interessa nel Vecchio Continen­te, insieme alle altre demenze, più di 7 milioni di persone. Secondo la Fe­derazione Alzheimer Italia, nel no­stro Paese soffrirebbe del morbo ad­dirittura il 20% della popolazione al di sopra dei 65 anni, in pratica due persone ogni dieci, per un totale – come stima il Censis – di circa 520.000 pazienti nel Paese, pari a un’incidenza di 80.000 nuovi casi l’anno, destinata a crescere a 113.000 nel 2020. In Italia il costo annuo per paziente, comprensivo sia dei costi sostenuti dalle famiglie sia di quelli a carico della collettività, è stimato in 60.000 euro, rispetto ai 13.000 euro mediamente sborsati dagli altri Pae­si ad alto reddito. A livello mondiale i costi sociali complessivi della de­menza vengono stimati dal Karolin­ska Institute svedese in circa 220 mi­liardi di euro l’anno. Ma che cos’è l’Alzheimer? È una ma­lattia del cervello descritta per la pri­ma volta nel 1906 dal neurologo te­desco Alois Alzheimer, dal quale ha preso il nome. Principale causa di demenza ( oltre il 70% dei casi), in termini tecnici è una patologia neu­rodegenerativa complessa e multi­fattoriale i cui meccanismi di svi­luppo non sono ancora completa­mente chiariti. Gli unici trattamenti oggi disponibili agiscono solo sui sintomi e non vengono sommini-­strati se non in fase avanzata del de­corso della malattia, quando i di­sturbi cognitivi vanno a interferire con la vita quotidiana al punto da spingere la persona o un familiare a rivolgersi a uno specialista. «Dal momento della diagnosi al ter­mine della vita restano in media 10 anni, ma la variabilità individuale è ampia, con pazienti che vivono me­no di 5 anni e altri più di 20», spiega Giovanni Frisoni, neurologo del-­l’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, u­no dei maggiori studiosi italiani del­l’Alzheimer. I sintomi iniziali sono generalmente lievi e limitati ai soli disturbi di memoria, ma la loro gra­vità progredisce col tempo fino a e­stendersi a tutto lo spettro cognitivo e della personalità. Agli iniziali di­sturbi di memoria possono infatti seguire problemi di linguaggio, di­sorientamento spaziale e tempora­le, difficoltà di attenzione e di ragio­namento, confusione, unite ad alte­razioni evidenti del comportamen­to quali ansia, irritabilità, agitazio­ne, apatia, che vanno pian piano a creare problemi nel quotidiano, ren­dendo la persona incapace ad e­sempio di gestire il denaro e l’as­sunzione dei farmaci, di occuparsi delle faccende domestiche, di pren­dersi cura della propria igiene, di ve­stirsi e di mangiare. La diagnosi clinica dell’Alzheimer i­noltre non è facile: avendo una sin­tomatologia simile alle altre demen­ze ( ad esempio quelle associate ai disturbi vascolari, al Parkinson, alla depressione, alle carenze alimenta­ri), ancora oggi nessun tipo di inda­gine 'in vita' consente di discrimi­nare con certezza fra Alzheimer, al­tre forme di demenza e normale in­vecchiamento. Anche quest’ultimo infatti comporta modificazioni a ca­rico delle funzioni cognitive e pro­cessi biologici analoghi. Ma l’anzia­no 'sano' è ancora in grado di uti­lizzare strategie efficaci di compen­sazione e di adattamento, attingen­do al patrimonio di risorse cogniti­ve accumulate nel corso della vita. « Questo patrimonio, chiamato ri­serva cognitiva, può rivestire un ruo­lo importante come fattore protetti­vo – spiega Rossana De Beni, pro­fessore ordinario all’Università di Pa­dova e presidente della Società ita­liana di psicologia dell’invecchia­mento (Sipi) – : quanto maggiore è tale riserva, tanto più efficaci saran­no le strategie di adattamento e di compenso sviluppate». L’Alzheimer viene anche definita una 'malattia insidiosa' perché, quando i sintomi si manifestano, il processo patologi­co sottostante ha già operato profon­damente e per lungo tempo. Lo svi­luppo delle caratteristiche placche senili, i depositi di amiloide, la pre­senza di aggregati proteici anomali all’interno dei neuroni, la morte di questi ultimi unita alla riduzione del­le sinapsi (i contatti fra i neuroni che consentono lo scambio dei segnali), ha infatti inizio decenni prima del­l’insorgenza dei sintomi, più o me­no intorno ai 40 anni. È per questa ragione che «solo una diagnosi precoce e un trattamento presintomatico potrebbero drasti­camente ridurre l’incidenza e la pre­valenza dell’Alzheimer», spiega Pe­ter Lansbury, della Harvard Medical School, che ha recentemente curato uno speciale di Nature sull’argo­mento. «Agendo per tempo sul pro­cesso patologico – dice Lansbury – si riuscirebbe a rallentare il declino co­gnitivo quanto basta per differire nel tempo la comparsa dei disturbi fun­zionali ». Una strategia quantomeno astuta, se ancora oggi non c’è una cura per la malattia. Dunque, screening ad ampio rag­gio della popolazione per i fattori di rischio più comuni? « Certo, ma pri­ma pensiamo ad assistere i malati e le loro famiglie, poi anche a tutto il resto – risponde Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazio­ne Alzheimer Italia –. Le Unità di va­lutazione Alzheimer ( Uva) sono di­ventate in gran parte meri sommi­nistratori di farmaci... Servono in­vece un coordinamento dei servizi sul territorio e interventi di forma­zione destinati agli operatori, vista la complessità della malattia, non riducibile alla sola componente bio­logica. Si pensi che fino al 75% di chi si prende cura dei malati sof­frono di depressione e altri distur­bi psicologici» .
Marco Mozzoni

Depressione: placebo come farmaci

Studio revisione dimostra validita' antidepressivi in casi gravi0

(ANSA) - ROMA, 7 GEN - Gli antidepressivi non sono tanto piu' efficaci del placebo nella depressione moderata o grave, ma valgono invece nei casi piu' gravi. Lo dimostra un vasto studio di revisione di precedenti ricerche eseguite confrontando gli effetti di un farmaco con quelli del placebo, una pillola di zucchero, condotto da Robert DeRubeis, della University of Pennsylvania a Filadelfia. Lo studio si e' basato sulla revisione dei dati di sei ricerche su due farmaci antidepressivi molto comuni.

Cresce il numero degli infermieri contagiati dallo Shiatsu

VALTER VICO

TORINO (OSPEDALE MOLINETTE)Preoccupa il numero crescente di infermieri vittime del contagio. Nuovi casi si sono verificati anche fra le ostetriche ed i fisioterapisti, ma pare che un’alta percentuale di tutti i professionisti del settore sanitario e sociale siano rimasti colpiti. Il fenomeno sembrava inizialmente riguardare solo singoli individui isolati, ma di giorno in giorno vengono segnalati nuovi focolai, in particolare nella zona di Torino, e notizie analoghe giungono anche da altre parti d’Italia dove risultano colpite varie strutture socio-sanitarie ed anche altre figure professionali, dai medici agli impiegati amministrativi ed ai tecnici di laboratorio Le autorità sanitarie sembrano impreparate a gestire la situazione ed al momento si trincerano dietro un imbarazzato silenzio senza rilasciare dichiarazioni in merito.Ci siamo quindi recati alle Molinette, uno dei poli ospedalieri più grandi d’Italia e d’Europa, per “tastare il polso” della situazione intervistando utenti e dipendenti, ma abbiamo raccolto pareri contrastanti.Elvira, infermiera: “Si, è proprio così, ne parlavamo poco fa con le colleghe. Da quando ho seguito il corso di Shiatsu ed AutoShiatsu al Collegio Ipasvi riesco a rilassarmi di più ed ho capito l’importanza di piccole cose come tenere la mano del paziente prima dell’intervento.”Serafino, tecnico di radiologia: “Sono d’accordo. Conosco lo Shiatsu e mi aiuta anche nella mia professione. A volte basta un leggero contatto fisico: appoggiando semplicemente una mano sulla spalla del paziente la persona si tranquillizza ed anche la lastra toracica viene meglio.”Spartaco, ortopedico: “Io sono della vecchia guardia. Per me sono tutte stupidaggini. E poi non c’è nessuna prova scientifica che funzioni.”Pericle, pediatra: “Ormai da diversi anni lo Shiatsu viene praticato ai neonati prematuri nei reparti più avanzati di Terapia Intensiva Neonatale. Certo non può sostituire le terapie, ma è fondamentale per il benessere dei bambini. Tutti i genitori dovrebbero imparare a praticare lo Shiatsu ai loro figli: ci sono alcune tecniche molto semplici, ma importanti per sviluppare la relazione affettiva genitore-figlio.”Osvalda, ostetrica: “E’ uscito un bel libro sullo Shiatsu in gravidanza. Con le colleghe vogliamo organizzare un corso: so che in altre città l’hanno già fatto. E poi tutte le mamme dovrebbero impararlo per il loro bambino.”Magda, maestra: “Sono qui per visitare un parente. Lo Shiatsu? Me ne ha parlato una collega entusiasta: grazie ad una consulente qualificata hanno realizzato un progetto in classe per insegnare ai bambini i rudimenti dello Shiatsu. I bambini hanno risposto molto bene ed hanno capito l’importanza della comunicazione non verbale, dell’ascolto, di essere delicati e rispettosi con gli altri. L’anno prossimo lo voglio proporre nella mia classe.”Antenore, pensionato: “Sciasciu? Ma parli come mangi! No guardi, non mi interessa.”Elpidia, pensionata: “Antenore, smettila! Lo scusi, ma prende tutte quelle medicine per lo stomaco. Che poi gli brucia lo stesso e lui è sempre arrabbiato. Il dottore dice che è psicosomatico. Io gli dico sempre di provare lo Shiatsu. Mia sorella va tutte le settimane e si trova benissimo. Ma lui è un testone e non mi ascolta mai…”Erminia, educatrice: “Scusi i miei genitori, li sto accompagnando per degli esami, fanno sempre così, ma si vogliono bene. Io lavoro come educatrice presso un centro diurno per disabili psichici gravi. Nella nostra struttura abbiamo iniziato un progetto personalizzato di intervento con operatori Shiatsu qualificati ed i risultati sono molto incoraggianti. Anch’io vorrei seguire un corso di Shiatsu per sviluppare l’attitudine alla comunicazione non verbale.”Odoacre, tecnico: “Mai sentito. Cos’è? Una di quelle robe che vanno di moda adesso? Scriva piuttosto che qui siamo sotto di personale e non si riesce a coprire i turni e le malattie. Poi vanno a buttare i soldi per quelle robe lì.” Empedocle, epidemiologo: “Guardi, ho sentito quello che diceva la persona che ha intervistato prima di me, ma non sono d’accordo. Dal punto di vista scientifico è ormai accertato che il costo dello stress per le aziende è altissimo perchè causa malattie, assenteismo e rende l’ambiente di lavoro inefficiente ed insopportabile. Lo Shiatsu e le discipline orientali sono una valida risposta. Lo chiamiamo in gergo‘Il Fattore S’, ma io preferisco il termine ‘Le 2 S’: o Shiatsu o Stress. O c’è uno o c’è l’altro: è matematico!” Ingrid, ricercatrice: “Io vengo di Austria. Noi abbiamo legge per Shi-Atsu, ya. Molto buono per benezzere und prevenzione, ya. Tutti dice così adesso.”Kevin, studente: “Shatzu? Sarebbe? … Tipo… una ginnastica?”Geremia, geriatra: “Per gli anziani, per tutti gli anziani, anche se disabili e non autosufficienti, lo Shiatsu è un vero toccasana, una ricarica di energia ed un momento di profondo relax. Certo, molti di loro non sanno proprio di cosa si tratti, ma dopo averlo provato stanno meglio e non vogliono più smettere. Lavoro anche presso una RSA dove da anni i pazienti ricevono regolarmente trattamenti Shiatsu e posso dire che anche gli anziani con gravi patologie croniche possono trarre grande beneficio dallo Shiatsu.” Filemone, fisioterapista: “Alcuni miei colleghi non sono d’accordo, ma io lavoro a stretto contatto con un Operatore Shiatsu ed ho capito che facciamo cose diverse, in modi diversi, con obiettivi diversi e con strumenti diversi. Io mi occupo di riabilitazione e lui del benessere delle persone. Come dicono i politici? E’ una bella sinergia.” Suor Salesia, caposala: “E’ una vera benedizione. Sono qui per un convegno. Da noi all’Hospice vengono dei bravi Operatori Shiatsu Professionisti e non sa quanto bene fanno ai nostri ricoverati.”Gualtiero, insegnante di Shiatsu: “Pratico ed insegno lo Shiatsu negli ospedali e nelle strutture socio-sanitarie da una decina d’anni. Chi lavora quotidianamente a stretto contatto con la sofferenza spesso, pur essendo molto preparato tecnicamente, non ha strumenti e non trova risposte soddisfacenti ai suoi bisogni umani fondamentali ed a quelli dei suoi pazienti. Un numero sempre crescente di professionisti della sanità e del sociale si pone questo problema e cerca strumenti evolutivi. Queste persone sono speciali, sono gli alfieri della rivoluzione umana nella sanità. Per loro concetti come ‘umanizzazione delle cure’ o ‘benessere organizzativo’ non sono degli slogan, ma un impegno ed una ricerca quotidiani con i pazienti e con i colleghi.” Abdul, ricoverato: “Non so. A mio paese è diverso, povero, ma tutte persone è contento. Qui sempre prendi medicina. Poi viene male di pancia. Meglio se gente sorride. Ciao.”La nostra impressione finale è che, ancora una volta come in altri recenti episodi, il pericolo, malgrado gli interventi allarmistici degli esponenti delle case farmaceutiche amplificati da certa stampa, si riveli alla prova dei fatti semplicemente inconsistente. Ci sembra di poter invece affermare con sicurezza che i professionisti della sanità colpiti dallo Shiatsu rappresentano un’avanguardia di persone attente al proprio benessere ed al benessere dei pazienti, interessate a migliorare la loro capacità di comunicazione non verbale, impegnate nell’umanizzazione delle cure e nella creazione di un ambiente di lavoro sereno ed armonioso.Auguriamoci che il contagio si diffonda ulteriormente!

"Il vero colabrodo sono i controlli" Medici e infermieri abbandonati a se stessi

VALENTINA ARCOVIO

Per Walter Ricciardi, direttore dell'Istituto di Igiene dell'Università Cattolica di Roma e presidente dell'European Public Health Association (Eupha), le infezioni ospedaliere sono «una vera e propria piaga». Perché sono così tanti i casi di infezione? «Perché in Italia manca un sistema efficace di lotta. Sappiamo come prevenirle e combatterle, ma poi manca la volontà di farlo». Non c'è nessuno che controlla? «Ogni ospedale dovrebbe avere un comitato predisposto al controllo. Ma il sistema funziona soltanto nel 20-30% delle strutture. Significa che in circa otto ospedali su 10 non viene effettuato alcun monitoraggio delle infezioni, cosa che, invece, avviene in tutti i Paesi civili». Quali sono i reparti più colpiti? «Il reparto più
a rischio è quello della Terapia Intensiva, dove vengono effettuati
su pazienti già molto debilitati trattamenti invasivi e delicati.
Inoltre, la situazione clinica di questi pazienti è già abbastanza
critica, tanto da presupporre che le loro difese immunitarie
siano più basse di quello che invece dovrebbero essere. E
quindi sono più esposti alle infezioni». Quali sono i principali veicoli di trasmissione delle infezioni? «Il primo veicolo sono le mani sporche. In particolare, quelle del personale che entra in contatto con strumenti delicati per i pazienti». Un esempio? «Le mani sporche degli infermieri che cambiano il catetere ai pazienti o quelle del personale che tocca i boccagli per la respirazione. Ma anche i vestiti, soprattutto se si usano gli stessi con cui si va al bar a prendere un caffè o a fumarsi una sigaretta». Quali sono le infezioni ospedaliere più comuni? «Quelle a carico dell'apparato urinario e dell'apparato respiratorio». E gli agenti patogeni più diffusi? «I batteri che si diffondono in genere tramite le mani sporche sono lo pseudomonas, l'Escherichia coli, la kleb- siella. Invece, i microrganismi che si diffondono tramite inquinanti ambientali, come nei boccagli e nell'acqua, sono la legionella o i virus sinciziali che colpiscono l'apparato respiratorio». Che cosa si può fare per fermarli? «La prevenzione è l'unico strumento in grado di bloccare la loro diffusione. Anche le strutture ospedaliere degli altri Paesi si trovano ad affrontare lo stesso problema, ma da noi c'è una minore attenzione». Che cosa si fa negli altri Paesi? «Oltre a monitorare attentamente la situazione, sono previsti degli incentivi e delle sanzioni contro il personale che non rispetta le norme di igiene. In Svizzera gli infermieri che non si lavano le mani rischiano sanzioni pecuniarie. In ca si più gravi è previsto il licenziamento. Un caso éclatante si è verificato 5-6 mesi fa in Gran Bretagna, quando un direttore generale è stato incriminato per omicidio a causa di una serie di casi di infezioni». E' vero che in Italia mancano anche un'adeguata formazione e informazione? «Credo proprio di no. In tutti i corsi di formazione destinati al personale sanitario la prima cosa che insegniamo è l'importanza della pulizia. Quello che al massimo possono fare gli ospedali è aumentare il numero di lavandini, per esempio rendendoli disponibili in più punti dell'ospedale. Ma senza la volontà del singolo c'è poco da fare, a meno che non vengano stabiliti degli incentivi, anche economici, per i più virtuosi e delle sanzioni per chi non rispetta le regole». Gli ospedali meridionali sono considerati meno «virtuosi»: è davvero così? «Il problema delle infezioni ospedaliere riguarda un po' tutta l'Italia. E' vero che c'è qualche differenza tra Nord, Centro e Sud, ma in generale sono le singole strutture a fare la differenza. Posso dire che l'ospedale più attento alle infezioni è il Policlinico di Ancona».

Ricciardi è direttore dell'Istituto di Ig'ienedell'Università Cattolica di Roma e presidente dell'organizzazione European Public Health Association (Eupha)

giovedì 7 gennaio 2010

Qualità della vita, vince la Francia. Italia decima

Si vive meglio in Francia che in Italia. Parigi 1, Roma 0. Il nostro paese è al decimo posto per qualità della vita, mentre i cugini d'Oltralpe sono primi in assoluto. Per aria che si respira, sanità, puntualità dei treni e sistema dei trasporti efficiente, eccetera eccetera. Ma a grande sorpresa (soprattutto per i casi di malasanità di questi giorni), l'Italia è al secondo posto per l'efficenza del sistema sanitario nazionale, secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità.
La classifica dei paesi "migliori" in cui vivere è stata stilata, come ogni anno, dalla rivista americana International Living, che passa in rassegna 194 paesi. Una graduatoria che si rivolge soprattutto a un pubblico di persone desiderose di ritirarsi all’estero. L'Italia, dunque, viene dopo Francia, ma anche Australia, Svizzera, Germania, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Stati Uniti, Belgio e Canada.
I PREGI E I DIFETTI DELL'ITALIA - In Italia "è vero - si legge sulla rivista -, i treni arrivano in ritardo, i lavoratori sono spesso in sciopero, la corruzione non è sconosciuta e la burocrazia si muove con lentezza estrema. Ma mettete queste cose sulla bilancia contro Roma, Venezia, Firenze, contro le montagne che si specchiano su laghi di zaffiro, contro spiagge d’oro e cittadine collinari lastricate di segreti. Poi aggiungete il 60% dei tesori artistici del mondo e un sistema sanitario nazionale classificato secondo al mondo dall’Oms. Poi i girasoli, i vigneti, l’Opera e i migliori espresso, pizza e gelati che possiate mai assaggiare".
IL SUD- Il nostro Paese, ammette International Living, "è caro, ma il Mezzogiorno è differente". Al Sud, si legge, "benché la disoccupazione sia elevata e i redditi molto inferiori a quelli al nord, è altrettanto vivace" e ci sono le "tracce del passaggio di fenici, greci e saraceni".
LA FRANCIA - Quanto alla Francia, International Living la premia per libertà, sicurezza e salute, grazie al sistema sanitario "migliore al mondo". "L’opprimente burocrazia e le tasse elevate in Francia non bastano a sconfiggere l’elevata qualità della vita. I francesi pensano che ogni giorno sia un piacere unico che vada assaporato lentamente". Alcuni dettagli poi aiutano a vivere meglio: i vasi fioriti alle finestre, i giardini curati, i bei tavolini dei caffè e le strade pulite.
LA CLASSIFICA1) FRANCIA2) AUSTRALIA3) SVIZZERA4) GERMANIA5) NUOVA ZELANDA6) LUSSEMBURGO7) STATI UNITI8) BELGIO9) CANADA10) ITALIA11) OLANDA12) NORVEGIA13) AUSTRIA14) LIECHTENESTAIN15) MALTA16) DANIMARCA17) SPAGNA

«Lavatevi le mani e cambiatevi il camice»

Intervista GRAZIA LONGO TORINO

Marco Ranieri j La sua foto con le braccia m alto e un invito che non ammette repliche: «Lavatevi le mani e cambiatevi il camice». L'immagine è appesa su ciascuno dei 4 box della terapia intensiva del Dipartimento che guida all'ospedale Molinette di Torino. «Per contenere il rischio contagio, bisogna rispettare le regole igieniche più elementari», sottolinea il professor Marco Ranieri, direttore della Scuola di specializzazione del- "Con 3iù igiene L contagio si può evitare" l'Università di Torino, alle spalle un'esperienza di quattro anni alla McGill University di Montreal, in Canada. I due neonati morti a Foggia dormivano in culle vicine. Possibile sia bastato questo per favorire l'ipotetica infezione di setticemia? «Innanzitutto occorre partire dal presupposto incontrovertibile che i bambini nati prematuri e quindi sottoposti alla terapia intensiva, con tanto di intubazione, sono pazienti a rischio. In ogni caso. Ma è chiaro che le condizioni di igiene e di organizzazione interna al reparto incidono molto sul pericolo di contrarre un'infezione». Quali possono essere le cause principali del contagio? «Conosco la Neonatologia dell'ospedale di Foggia e so che funziona bene. Ma biso gna verificarne l'organizzazione, il management del personale. Il numero degli infermieri, per esempio, è fondamentale: se sono pochi per troppi pazienti, diventano loro malgrado veicolo di infezione». Come intervenire, dunque? «Essenziale un rapporto infermiere-bambino ridotto al minimo. Ci sono casi in cui un solo paziente può essere addirittura seguito da due infermieri, proprio per scongiurare al massimo eventuali infezioni. Grande attenzione va riservata anche agli strumenti utilizzati dai medici: possono trasferire un'infiammazione da un neonato all'altro. Il vero allarme a Foggia non è tanto l'infezione che, ripeto, in quelle condizioni è assai probabile tanto da essere ritenuta la prima complicanza, ma l'epide mia. Anche il banale fonendoscopio, per auscultare il malato, può agevolare la trasmissione di una patologia». In che modo un reparto di terapia intensiva può essere attrezzato per prevenire epidemie? «Il primo passo è la realizzazione di un protocollo interno delle norme igieniche e di gestione del personale medico e non. Preziosa, inoltre, è anche la strutturazione stessa del reparto. Gli americani, ad esempio, sono molto categorici e, per gli adulti, prevedono esclusivamente camere singole dotate di finestra e impianto tv». IBISCHI «11 pericolo arriva da strumenti e contatti bambini-interni ieri » L'esperto Marco Panieri è responsabile del reparto di terapia intensiva all'ospedale Molinette di Torino